di Paola Tassinari
Il giardino di fronte al Museo d’Arte della città di Ravenna (MAR), oltre alla Fontana degli Scout, ospita una scultura arcaica, un cavallo color terracotta, dalle gambe lunghissime e sottili, il muso piccolo e geroglifici sul corpo, è un’opera di Mimmo Paladino, artista della Transavanguardia, che si erge per più di quattro metri da terra a fianco delle aiuole. Un cavallo di Troia che non si sa di chi sia, infatti l’opera doveva essere acquistata da un gruppo di imprenditori, ma la trattativa fallì e il cavallo è rimasto lì “parcheggiato”, un ringraziamento a Mimmo Paladino, per questo “noleggio gratuito” è dovuto. Sempre in questo giardino vi è un’aiuola di rose “Bella Ciao”, inaugurata in occasione del sessantunesimo anniversario della Liberazione cittadina. Il piccolo roseto ha una targa su cui è scritto che l’aiuola è gestita dall’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani Italiani), mentre una targa più grande ci indica che l’ideatore di questa rosa denominata Bella Ciao è stato l’ex partigiano Giulio Pantoli, che l’ha ibridata ispirandosi alla famosa canzone. Pantoli fece dono del nuovo ibrido di pianta all’Anpi provinciale, che a sua volta ne fece omaggio al Comune di Ravenna. Ho notato l’aiuola in inverno, quindi avevo davanti ai miei occhi i corti rami potati e perciò non potevo vedere il colore di questa rosa, ma mi ha colpito che qualcuno abbia voluto inventare e dedicare un fiore ad un canto popolare della Resistenza. Sono tornata alla fine d’aprile e ho visto delle belle rose carnose dal colore rosso vivo, chissà perché mi hanno ricordato il colore dei lamponi. Forse perché il rovo è simbolo che rappresenta la distruzione, nella tradizione popolare cristiana è accostato al funereo e all’infernale. Mentre la rosa nel cristianesimo è coltivata perché le sue spine ricordano la passione di Cristo, pian piano poi passa al culto della Madonna. I giardini dei conventi sono pieni di rosai, essendo simbolo anche della riservatezza, una rosa stilizzata a cinque petali fu spesso utilizzata per ornare i confessionali con la scritta “sub rosa”, che significava, sotto il sigillo del silenzio e della discrezione. Questo roseto è davanti a un Museo, sembra che esprima la forza del saper dimenticare, perdonare e andare avanti, chiudere i battenti della porta su un passato comunque doloroso per tutti.
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